Un’altra prospettiva.

Marco Giannini

Dietro ogni distanza c’è un problema di prospettiva

Escher Altro mondo

Escher Altro mondo

Abituati come siamo a valutare le distanze che ci interessano da vicino – a spanne quando ci muoviamo in casa, oppure a piedi contando i nostri passi quando attraversiamo il circondario – reputiamo che il passaggio alla misura superiore, quella delle città, sia il lavoro per uno specialista, un architetto.

In effetti viviamo in città che corrispondono all’accumulo delle esperienze e delle idee di chi ci ha preceduto, progettate almeno nei centri storici secondi canoni divenuti poi classici: il tentativo di adeguare il mondo all’uomo e viceversa, l’arte di occupare e conformare il paesaggio sono tutti tentativi di maneggiare, cioè progettare, le grandi distanze.

Piranesi veduta di Roma

Piranesi veduta di Roma

Definizione minima della prospettiva

Alla base di tutto ciò, dal Rinascimento in poi, sta l’invenzione della prospettiva: arte e scienza insieme, visione sintetica del mondo e del posto dell’uomo nel mondo, la prospettiva è una dottrina razionale che si può insegnare in accademia. La sua logica è quella di riportare il reale nel soggetto che guarda, cercando però di mantenerlo “vero”.

Pablo Carlos Budassi, l'universo conosciuto

Pablo Carlos Budassi, l’universo conosciuto

Il “vero” è proprio ciò che viene osservato, il colpo d’occhio gerarchizzato dal soggetto all’oggetto, al cui interno giace un punto centrale (l’uomo) e attorno al quale l’orizzonte via via si sfoca e si allontana.

La prospettiva viene a essere il reale all’intorno così come lo vede il soggetto: lineare perché infilza in un solo fascio coerente di linee il punto di vista, il fuoco centrale e l’orizzonte nelle sue molteplici fughe; antropocentrica perché dà la posizione del soggetto rispetto all’oggetto osservato.

Le nuove leggi della scienza e il limite dell’osservabile

Con l’avvento dell’età moderna, però, il “vero” diviene scoperta delle leggi meccaniche che informano le apparenze e non più ritratto o progetto, e prende il nome di scienza. Il problema della misura della distanza si pone nuovamente, soprattutto la misura delle grandi distanze: perché da quel momento in poi l’obiettività della misurazione scientifica pretende precisione, ottenuta mediante esperimenti irrefutabili, e non più apprezzamento soggettivo. Tra i molti rivolgimenti culturali, dal tardo ‘600 in poi, l’universo umano lascia sullo sfondo il suo protagonista principale, e si avvita in una serie senza fine di sfondamenti di piano, fino a spostare il limite dell’immaginazione ben oltre le sfere celesti di Aristotele e il “multiverso” di Giordano Bruno.

Hubble Deep Field (dettaglio)

L’Hubble Deep Field (dettaglio), uno sguardo rivolto dal telescopio orbitante Hubble alle profondità più remote del cosmo.

La cosmologia è forse il campo in cui la scienza in tempi recenti ha raccolto più ispirazioni dal passato.

Diverse civiltà del mondo antico (dai babilonesi ai greci attici, alle civiltà precolombiane nelle Americhe) avevano compiuto osservazioni accurate del moto degli astri, e immaginato universi finiti. Con gli studi di Galileo e di lì in avanti, noi “occidentali” abbiamo invece via via compreso la sconcertante infinità del cosmo, e costruito strumenti ottici che ci hanno permesso di guardarvi dentro, sempre più lontano nello spazio, attraverso grandi salti nell’ordine delle grandezze: pianeti vicini, poi stelle vicine (4-50 anni luce di distanza dalla Terra), poi stelle più lontane all’interno della nostra galassia, e ancora altre galassie, dapprima le più vicine, poi le più lontane, e ancora i confini dell’universo conosciuto (circa 10 miliardi di anni luce), dove risplendono i nuclei attivi di galassie primordiali, infine la radiazione cosmica di fondo (circa 13,8 miliardi di anni luce).

Fino a riscoprire che l’universo – così pare – è finito, dotato di un limite.

Qualcosa di misurabile, in ogni caso.

La scala delle distanze cosmiche

Scala distanze cosmiche

La scala delle distanze cosmiche, una rappresentazione dei differenti metodi di misurazione in cosmologia, secondo la distanza (presunta) del bersaglio.

A ciascuno dei gradini rappresentati nello schema della scala delle distanze cosmiche corrisponde un ordine di grandezza: l’universo conosciuto infatti è così grande che le misure di distanza devono diversificarsi a seconda della distanza dell’oggetto celeste osservato. Per questo motivo sono stati messi a punto parecchi metodi, ognuno dei quali funziona su un particolare intervallo; in certe zone “di confine” i metodi di misurazione si sovrappongono, rafforzando la misurazione stessa, e il “piolo” della scala si fa più saldo.

La parallassi

Parallasse

All’inizio della scala ritroviamo proprio un’applicazione della prospettiva: il metodo della parallasse applicato all’osservazione di stelle vicine: gli astronomi sfruttano la rivoluzione della Terra attorno al Sole per determinare la posizione di una stella, misurandone esattamente ogni 6 mesi lo spostamento rispetto agli astri sullo sfondo, più distanti. La distanza viene dedotta dall’entità dello spostamento.

La sequenza principale

parallasse sequenza

Con la parallassi però è possibile coprire solo una parte della nostra galassia, la via Lattea . Per spingersi oltre è necessario usare altri metodi: così l’osservazione di stelle che ricadono nella “sequenza principale” ci aiuta a comprenderne la distanza secondo un calcolo statistico.

 

Viaggiando tra le stelle

Già a queste scale “medie” si parla di distanza in termini di anni luce elevati per potenze di 10: un’intuizione simile si trovava in questo famoso cortometraggio prodotto da Eames Office nel 1977, lo studio grafico di Charles e Ray Eames , tra i più importanti designers statunitensi del 20esimo secolo.

sonnellino

Nel filmato la telecamera sorvola un abitante di Chicago ripreso durante un sonnellino, poi si allontana nel cosmo, seguendo una scala logaritmica , fino ad arrivare a 100 milioni di anni luce di distanza, ben oltre il limite dell’ammasso locale di galassie di cui la via Lattea fa parte. Per poi tornare dal quasi infinatemente grande al quasi infinitamente piccolo, dentro l’atomo e ancora più giù.

La stessa idea di viaggio dall’atomo alle stelle – con il punto di osservazione ben fermo al centro – viene riproposto in questo interattivo realizzato da Killerinfographics per Numbersleuth.

http://killerinfographics.com/project/interactive-infographic-magnifying-the-universe (necessario il flash player)

dall'atomo alle stelle, Killerinfographics

Dalla grandezza al vuoto cosmico

Ciò che viene osservato nel cielo, oltre che grandissimo, è anche lontanissimo. Ma ciò che lascia davvero stupiti, e che l’arte della visualizzazione per il grande pubblico dovrebbe sforzarsi di rendere con semplicità, è l’intervallo tra un oggetto e un altro, o meglio il successivo sulla scala delle distanze cosmiche.

Riesce sicuramente nell’intento If the Moon were only a pixel, un lavoro di Josh Worth che rappresenta “una mappa fastidiosamente precisa” (cit.) del sistema solare, con un accurato rispetto delle distanze tra il Sole, un pianeta e il successivo (lune più importanti comprese), fino al pianeta nano Plutone.

http://joshworth.com/dev/pixelspace/pixelspace_solarsystem.html

Se il mondo fosse solo un pixel

Si può precorrere manualmente girando la rotellina del mouse (come in ogni side-scrolling-page, ma questa è orizzontale), oppure si può dare il via alla corsa, più o meno alla velocità della luce e alla distanza da essa percorsa in proporzione alla Luna (grande un pixel). Oppure si può usare il menù in alto per saltare di pianeta in pianeta.

the know Universe

Un bel filmato esplicativo del grande vuoto che ci circonda, è The known Universe dell’American Museum of Natural History

È molto avvincente anche se meno rigoroso dei precedenti, ma la sua particolarità è di essere basato sulla più completa mappatura tridimensionale dell’universo conosciuto, la Digital Universe Atlas elaborata e aggiornata dal AMNH.

Riding Light è un singolare filmato di Alphonse Swinehart che illustra come la velocità della luce, immaginata come qualcosa di infinitamente rapido qui sulla Terra, diventi sfortunatamente lenta al cospetto dell’enormità del cosmo.

velocità della luce

Mettetevi comodi, solo per arrivare a Giove il video impiega circa 45 minuti.

Gli altri metodi

Tornando allo schema della scala delle distanze cosmiche, altri metodi per il calcolo delle distanze cosmiche poggiano sull’osservazione delle “candele standard” (stelle Cefeidi o del tipo RR Lyrae , o ancora sulla costante di Hubble , basata sul redshift (spostamento verso il rosso) degli oggetti più lontani.

Nello studio del movimento di oggetti così lontani (dai 2 ai 10 miliardi di anni luce di distanza dalla Terra), si fa strada l’ipotesi che postula l’esistenza di una “rete” composta di materia oscura: la forza di gravità terrebbe insieme le galassie e gli ammassi di galassie in tutto il cosmo, in una gigantesca intelaiatura.

Cosmic Web  è la trasposizione grafica di questo filamentoso agglomerato di materia, costruito per illustrare i vari modelli fin qui proposti e darci un’idea della struttura fondamentale del cosmo. Non si tratta di una mappa ma di un modello, anzi di tre differenti modelli grafici.

Cosmic Web

Piccoli ma centrali

Man mano che le distanze aumentano, i metodi di calcolo si fanno via via più imprecisi e sfumano nella teoria che li sostiene, in mancanza di controprove dirette.

Ma quel che qui interessa sottolineare è che tutti questi metodi mantengono fermo il principio della localizzazione relativa dell’osservatore, cioè dell’occhio di chi guarda: l’espansione dell’universo, in mancanza di un riferimento più preciso, è omnidirezionale, e lo è anche l’osservazione degli oggetti celesti. Una specie di sfondo visuale che ci avvolge da ogni lato, come il suono in un sistema dolby surround, all’interno di un salotto nel centro del quale siamo seduti noi, sul pianeta Terra.

dolby surround

Forse siamo sempre stati consapevoli di questa nostra condizione di isolamento, anche quando la nostra “mappa” dell’universo era assai più ristretta: il Cristo Giudice del Beato Angelico a Orvieto (1447), il quale come un re tiene in mano il mondo – una T rovesciata raffigurante l’Asia, l’Africa e l’Europa – e lo guarda col rispetto dovuto a un animale in gabbia, forse non a caso segue di pochi anni i suoi primi tentativi di rappresentazione prospettica.

Una specie di monito, dettato dal timore di gettare lo sguardo troppo oltre?

Cristo giudice, Beato Angelico

Cristo giudice, Beato Angelico

C’è poi un vecchio detto che recita “Casa per suo abitare, vigna per suo lavorare, terren quanto si può guardare” (qui “guardare” sta per custodire, la morale di ciò essendo: non superare il proprio limite).

Ma non è il nostro caso: ancora oggi la mappa universale, in via di definizione, ci mantiene nostalgicamente al centro del firmamento, anche se ormai molto piccoli.

E soprattutto siamo ancora esploratori di orizzonti, intestatari del ruolo che più ci si attaglia, quello della contemplazione.

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