Marco Giannini
Eroi in viaggio
Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti. (Italo Calvino)
Si parla spesso al giorno d’oggi di “eroi”: eroi sportivi, eroi della musica, eroi dell’accoglienza, qualche volta ignoti alle masse fino al giorno prima della consacrazione, qualche volta eroi per caso. Impegnati in una sfida inaspettata, tratteggiati in poche righe dai giornali per ritagliarli dallo sfondo ed ergerli a simboli. Nella semplificazione da prima pagina, li si tratta sempre – spesso inconsapevolmente – come derivazioni culturali della stessa matrice romantica.
L’uomo e il suo destino, eroi in viaggio
Lo sviluppo di culture diverse alle prese col medesimo tema può essere studiato nello stesso modo in cui si studia il comportamento degli animali: l’antropologia culturale , una delle più importanti conquiste novecentesche tra le scienze umane, ha tracciato un percorso di analisi storica e ha portato alla luce alcuni sensi di colpa delle potenze colonialiste europee, permettendoci oggi di dibattere con agio di relativismo culturale (e di altri sofsmi).
All’incrocio con la classifcazione degli archetipi di Carl G. Jung e lo studio letterario sull’eredità latina nelle letterature romanze di Ernst R. Curtius, il lavoro del più noto antropologo del secolo scorso, Claude Lévi-Strauss, poggia su solidi concetti strutturalisti: Lévi-Strauss ipotizza che le similitudini tra floni letterari e schemi sociali riscontrabili in diversi sistemi culturali rifettano addirittura delle somiglianze nell’architettura del pensiero umano.
E il pensiero umano, com’è noto, sa muoversi e cercarsi una strada. E sa anche individuarsi e rafforzarsi, presentandosi – nell’intuito del condottiero come nel delirio del folle – in forma di idea e fissazione, termini che in altre circostanze, fuori dal romanzo e dalla mitologia, chiameremmo obiettivo e forza d’animo. Sono queste le prerogative dell’eroe, talvolta giovane e impetuoso come Achille, oppure saggio e astuto come Enea; tra tutti i luoghi letterari e culturali del passato, antico e recente, i due che più spesso vengono accomunati in una storia, addirittura in un’epopea, sono l’eroe e il suo viaggio.
Disegnare un viaggio, viaggiare in un disegno

Il sistema etico secondo il flosofo tedesco Max Scheler (in Der Formalismus in der Ethik und die materiale Werthethik, 1927.
Secondo uno schema utilizzato dai flologi romanzi impegnati nella ricostruzione dei miti delle civiltà del passato, l’eroe è generalmente colui che persegue valori puri, spinto da un alto grado di volontà, e in possesso di un sovrumano autocontrollo. Lo spirito d’avventura lo induce a una prova, l’accompagna oltre il limite del mondo conosciuto, là dove l’eroe può contare solo sulle sue forze. L’eroe mette a rischio la sua stessa vita, in vece delle vite di tutti i suoi simili, per innalzarsi sopra gli altri uomini, tra i santi e i leader della sua epoca.
Fin qui nulla di nuovo. I temi dell’eroe e del suo viaggio solitario – pietre miliari dei miti classici e del romanzo europeo – da sempre colpiscono la nostra fantasia e ci chiamano al gioco dell’impersonificazione: come Ulisse attraversa il Mediterraneo con la mente rivolta a Itaca, così lo seguiamo nel suo errare e ci immaginiamo accanto a lui, o al suo posto.
L’Odissea di Omero è il prototipo del nostro viaggio, e Ulisse il primo tra gli eroi conosciuti, il cui percorso sia stato raccontato.
Usiamo l’immaginazione, appunto, cioè la capacità di accostare liberamente idee e immagini, per costruire una rappresentazione che nella nostra mente è visuale, e che nella nostra arte si è andata culturalmente irrobustendo e stratificando.
La rappresentazione del viaggio si impone infatti tra i temi artistici fin dal Medioevo, accompagnando spesso uno dei topoi letterari più diffusi nelle varie letterature. Dai mosaici di San Salvatore in Chora a Istanbul ai dipinti del giramondo Paul Gaugin,

Un mosaico di San Salvatore in Chora a Istanbul, e a destra un fotogramma di Into the Wild (2007) di Sean Penn.
il viaggio per eccellenza è immersione nella natura, alla ricerca di un accordo primigenio con essa.E nel nostro scorcio di millennio, anche la settima arte ci fornisce esempi simili, apprezzabili per efficacia e capacità di coinvolgerci.
Facendosi forza anch’essa di questa vigorosa tradizione culturale, l’infografica odierna fornisce il suo piccolo contributo alla costruzione dell’eroe e del suo viaggio, senza dimenticare di possedere anch’essa per definizione una radice strutturalista, e qui sta il collegamento con l’antropologia di Levì-Strauss: se te lo disegno e te lo schematizzo lo capirai meglio, qualunque lingua tu sappia parlare. Perché il disegno è sempre schema, intuizione d’insieme e allo stesso tempo progetto finalizzato.
Eroi in viaggio: le tappe di una vicenda ciclica
Il viaggio dell’eroe può essere illustrato in vari modi; in primis come un circolo, un giro virtuoso che riavvicina (se possibile) il suo termine alle origini, perché deve rappresentare una parte importante della vita e la vita stessa ci insegna che la sua parte più importante coincide con la sua comprensione, con l’afferrarne il senso, se esiste. Chris Vogler, sceneggiatore di Hollywood, ha individuato nell’alternarsi di pattern e variabili sette archetipi che tendono a ripetersi in molte storie moderne e contemporanee. Anch’essi mutuati dal romanzo europeo moderno, secondo certa critica letteraria anche nostrana (per esempio Franco Moretti), gli archetipi sono funzioni e non ruoli rigidi, e accompagnano l’eroe fino al culmine della storia che di solito coincide con il superamento della prova più ardua, ovvero con la comprensione della propria vicenda umana.
Eroi in viaggio: costruttori e vittime di se stessi
Di norma il protagonista di una storia si costruisce nel corso della storia stessa e non accetta il suo destino come una immutabile condanna; per questo i supereroi di matrice nordamericana (Marvel superheroes e Dc Comics) ci appaiono talvolta superfciali, mono-dimensionali, perennemente inchiodati ai loro ruoli, benché questa versione moderna di un pantheon sia oggi di gran moda. Di sicuro il tentativo che l’industria cinematografca statunitense cerca di perseguire è la costruzione di un’epopea che ci porti al cinema ancora per molti anni a venire, come racconta questa interessante (per chi sa leggerla) “teoria del tutto” che mette insieme i super-protagonisti e le future uscite sul grande schermo.
Tornando alla rappresentazione geometrica del viaggio del protagonista, il popolare scrittore Kurt Vonnegut
aveva schematizzato gli ups and downs del protagonista di una storia – qualsiasi storia – già nella sua tesi (rifiutata) in antropologia, facoltà alla quale si iscrisse nel dopoguerra, sostenendo che essi seguono schemi ripetitivi ed estremamente semplici. Se non proprio andamenti circolari, essi disegnano curve discendenti e ascendenti dal fnale prevedibile; il più tipico esempio di schema del viaggio dell’eroe è il primo qui raffgurato, Man in a Hole.
Il circolo, l’anello e la linea spezzata
Il viaggio dell’eroe può anche seguire una linea idealmente retta, le variabili essendo le oscillazioni nei rapporti tra i personaggi, per quando esse sono mediate da un oggetto che tutti li domina: è il caso di un’epopea moderna, Il signore degli Anelli di Ronald Reuen Tolkien, mirabilmente riassunto in una spiritosa infografca di Randall Munroe autore del sito xkcd.com, dove la forma geometrica dell’anello torna simbolicamente a incatenare il destino degli uomini.

Due esempi da Letteratura Grafica-Il magazine del Sole24ore, dedicati a “Il pranzo di Natale” di Thornton Wilder e “Stand by me” di Stephen King
Designers italiani si sono cimentati nella visualizzazione dei legami tra i protagonisti della storia, e il viaggio è il gioco dei sentimenti che ora li avvicinano, ora li allontanano. Come negli esempi della rubrica Letteratura Grafica pubblicati dal settimanale Il, in cui vari autori sotto la guida di Francesco Franchi hanno descritto la trama di interi romanzi col solo ausilio di frecce e vettori.
Sulla stessa rivista, fortemente improntata all’esperimento infografico nei primissimi anni della sua pubblicazione, interessanti visualizzazioni di tragitto sono state pubblicate anche nella rubrica
Gran Tour, su tutte I viaggi di San Paolo divisi per periodo e corrispondente colore, che riportano l’apostolo alle caselle di partenza della sua avventura umana: Roma, Atene, Antiochia, Cesarea.
Una tipologia diversa, di nuovo riferita a un viaggio immaginario e a un percorso di vita, è quella della raccolta Jules et Jim, un workshop estivo proposto dal laboratorio Density Design del Politecnico di Milano. Qui la liason a trois tra Jules, Jim e Catherine viene sezionata seguendo i capitoli del romanzo di Henry-Pierre Roché o le scene dell’omonimo film di Francois Truffaut, e le curve e le cuspidi dei tre percorsi corrispondono alle oscillazioni sentimentali dei protagonisti.
Talvolta l’eroe è costretto a intraprendere il suo viaggio per via di una certa situazione iniziale (la “chiamata” nella classificazione di Vogler, come nel caso dello sdegno di Achille nell’Iliade o dell’opposizione a Ulisse del dio Nettuno nell’Odissea), allora la rappresentazione ideale seziona lo scorrere degli eventi immobilizzandoli come un’istantanea, e di lì ha inizio il racconto. Per comprendere questo meccanismo narrativo viene d’aiuto una concettuosa ma efficace immagine tratta da Visual explanations di Edward Tufte, in cui si illustra la catena di eventi che riguarda ciascun personaggio, e il motivo che l’ha condotto fn lì, attraverso il dipanarsi del linguaggio (costituito dai nomi – nouns – e dai verbi – verbs).
La fissità del mito e la conversione dell’eroe
Rivitalizzata da continue operazioni di marketing, la saga che da quasi 40 anni meglio racconta il nostro rapporto col mito e la comprensione di sé – e dimostra come la nostra idea di eroe non sia sostanzialmente cambiata negli ultimi 4.000 – è forse la cinematografica Star Wars.
Il manifesto originale di Star Wars I, 1977, di George Lucas. Star Wars è la trasposizione moderna di un mito sempre vivo – la lotta tra bene e male – e contiene molte gesta eroiche e viaggi, ricalcando più volte, quasi in ogni nuovo episodio puntualmente propinatoci a distanza di qualche anno dal precedente, lo schema di Vogler, sia pure annacquato da una certa fissità nelle posizioni, cha appunto rilancia la lotta tra bene e male e ristabilisce le posizioni di partenza.
C’è però un passaggio-chiave nel corso del quinto episodio (il secondo nella numerazione ricostruita dopo il rilancio della seconda trilogia) in cui il giovane cavaliere Jedi Anakin si converte al male (il “lato oscuro” della forza), trovando un indirizzo e quasi uno sfogo per la sua irruenza. È questo il momento già citato della agnizione, il cambiamento d’idea che fa giungere l’eroe alla consapevolezza della sua missione; ed è singolare come in questo caso, in una delle epopee che la critica considera più “facili” e infantili e in un episodio reputato tra quelli realizzati nel modo peggiore, l’eroe sia in realtà un eroe negativo, maligno.
Forse Star Wars non è poi così “sempliciona“ come la si descrive; forse, non a caso, lo sviluppo più recente e più maturo dell’epopea eroica nel nostro tempo è legato alla fantascienza, il più vitale flone di narrativa e l’unico “onesto”, come l’ha definito il grande scrittore inglese James Graham Ballard.