Anna Veneruso
“Grazie dei fior
fra tutti gli altri li ho riconosciuti
mi han fatto male eppure li ho graditi
Son rose rosse e parlano d’amor”.(Nilla Pizzi, “Grazie dei fior“)
Lattughe, bugie, fritole, zeppole, cenci, frappe e chiacchiere: che febbraio sarebbe senza un dolce fritto avvolto in una nuvola di zucchero al velo? In cucina si agitano fumi e padelle perché, da nord a sud, non è carnevale senza una frittura. Nel mese in cui festeggiare è d’obbligo ci ritroviamo circondati da ogni possibile delizia per gli occhi e il palato (di colesterolo meglio non parlare).
Dolcissimo febbraio.
Di sicuro non siamo i soli, il carnevale si festeggia in tutto il mondo mescolando gli antichi riti pagani di rinascita e di liberazione dall’inverno con i festeggiamenti che precedono il periodo di penitenza quaresimale. E ogni festa porta con sé le proprie tradizioni. Non sarebbe carnevale a Rio de Janeiro senza i papos de anjo, i dolcetti (dell’angelo) a base di mandorle ricoperti da uno sciroppo zuccheroso, non si potrebbe sopportare a New Orleans la mancanza della king cake, la treccia di ciambella con una colata di glassa multicolor. E come superare il martedì grasso negli Stati Uniti senza una montagna di pancakes? In molti Stati l’ultimo giorno di carnevale è diventato il pancakes day durante il quale ci si sfida in una corsa armati di padella con una frittella all’interno da portare in salvo al traguardo.
Le rose di carnevale semplici ma d’atmosfera.
L’allegria di febbraio è zuccherosa e coinvolgente, l’atmosfera giusta per friggere le rose di carnevale. Dato che parliamo di una festa molto diffusa e familiare, per quanto i dolci abbiano nomi diversi, gli ingredienti sono semplici e sempre gli stessi: farina, zucchero, uova, a volte un bicchierino di liquore. Da qui in poi la fantasia diventa protagonista e si esprime con nomi e forme diverse.
Dalla teoria alla pratica.
Le rose sono fatte dello stesso impasto delle frappe, chiacchiere, bugie, lattughe…ma sono a forma di rosa, il che le rende speciali, perfino un po’ sanremesi. È sufficiente mescolare un uovo con un cucchiaio di zucchero, un bicchierino di rum o di sambuca e poi aggiungere tanta farina quanto basta per fare un panetto morbido e non appiccicoso (un po’ di latte aiuta l’operazione). È tutto un qb – quanto basta – che è un sollievo per chi sa che nei dolci la disattenzione è madre del fallimento. Perché questi non sono dolci di pasticceria, piuttosto piccoli peccati di gola casalinghi. Il panetto deve essere steso in una sfoglia sottile dalla quale ricavare dei dischi di diversa circonferenza che vanno sovrapposti in tre strati, dal più grande al più piccolo, e poi incisi per formare i petali. La frittura è il momento più delicato: le rose cuociono immerse in olio bollente, tenute ferme al centro con il manico di un cucchiaio di legno in modo che i petali possano aprirsi. Dopo aver assorbito l’olio in eccesso si possono decorare secondo i gusti con marmellata, crema, cioccolato fuso e zucchero al velo.