Matteo De Paoli
Tra avatar e troll, lo sprint elettorale è sui social senza tralasciare gli account falsi e si aspettano gli ultimi colpi di scena da tutti gli schieramenti, dalle grande coalizioni ai partiti più piccoli alla caccia di voti. La comunicazione gioca un ruolo fondamentale, in un’era caratterizzata dai social network la partita si gioca soprattutto lì. Nessuno escluso, dai più tradizionali come Facebook, per arrivare a quelli più recenti, che raccolgono un bacino elettorale più “giovane”, come Instagram e Snapchat.
Su tutte queste piattaforme passano post, filmati, foto. Se non bastasse quest’anno sono anche aumentati i messaggi vocali su WhatsApp, appelli audio dei leader politici che rimbalzano da telefono a telefono.
Arrivo al photo finish tra troll, avatar e falsi account
Dichiarazioni, “fact checking” (verifica dei fatti o delle “fonti”), ma anche sfide e provocazioni. Spin doctor e professionisti stanno spremendo le meningi al massimo in queste ore per trovarsi le idee più accattivanti, cercando soprattutto l’engagement, ovvero la chiave per coinvolgere il maggior numero di utenti. Quindi fare visualizzazioni, puntando alla viralizzazione dei contenuti.
Di solito non è facile, perché le persone in questo momento di scelte cercano di compattarsi, di fare quadrato intorno ai propri leader o gruppi politici. Un po’ come quando la squadra di calcio del cuore si appresta a un’importante finale. Il web rimane uno spazio libero, la par condicio non l’ha ancora ghermito: quindi aspettiamoci un arrivo al photo finish.
Spesso è un campo dove si usano trucchetti e mezzucci. E se c’è una cosa che da tanti anni non cambia è la storia di troll, avatar o account fake. Non è bastato il dibattito mondiale sulle fake news a seguito del Russia Gate per riuscire a debellare il problema.
Intanto che i social network promettono misure preventive (come si legge su La Stampa), in Italia, Repubblica ha fatto una conta di follower falsi, una classifica che prova a fare luce su quelle grosse cifre che si leggono accanto ai nomi dei leader politici. Il primo a utilizzare il trucchetto degli avatar secondo il quotidiano sarebbe Matteo Renzi.
Ma gonfiare i numeri per dare l’impressione di essere il più forte è semplice narcisismo. È solo una parte di quello che si può fare con un software, un’altra cosa invece è gestire questi account fake e cercare di creare una “massa crititica” favorevole. In questo secondo caso i più aggressivi sono i cinque stelle.
Provare a fare un commento “non in linea” o negativo su un esponente del Movimento 5 Stelle comporta l’immediata azione degli account falsi pentastellati che sono tantissimi. Se si prova ad aprire un confronto con questi account si arriva subito allo scontro, subendo appellativi sgradevoli come “piddiota” o “mafioso”, fino ad arrivare agli insulti più volgari.
Come riconoscere un account falso? È facilissimo. Di solito gli account sembrano generati da robot. Perché è così che si generano.
Per farli si crea una email temporanea (Get Air Mail, è tra i più usati), si prendono delle foto a caso dalla rete (random), si inventa un nome e un cognome (questo lo fanno solo i più raffinati) e il gioco è fatto. Successivamente questi account retwitteranno più o meno sempre le stesse cose, saranno poche le “azioni dirette”, come commenti o risposte.
Questi account non vengono gestiti da algoritmi ma da mani esperte pagate per farlo. Per muoverli vengono utilizzati software e applicazioni come Hootsuite o TweetDeck. Con questi programmi si possono inserire diversi account falsi e gestirli, combinando a volte anche “attacchi” all’unisono.
Si tratta di una forma di comunicazione largamente abusata, spicciola e soprattutto cattiva, che rende i social network meno veri e sicuramente più noiosi.