di Paolo Samarelli
Il 29 gennaio 2022 ultima partita di Pelé. Stava male tempo. Della sua malattia si era parlato durante il Mondiale in Qatar e anche abbastanza prima. Si sapeva che era in clinica e forse non sembrava possibile che se ne andasse a 82 anni, eppure.
Pelé, una leggenda molto concreta e attenti all’accento
Lo scrivo con l’accento giusto. (sui giornali brasiliani la e finale appare con quello acuto) vedo nei disegni che ho usato sia l’acuto (é) che il grave (è) e non posso cambiarli tutti.
Pelé, una leggenda molto concreta
Come ho scritto sulla mia pagina Facebook inutile angosciarvi coi miei ricordi che alla fine non sono tantissimi. Quindi per mia esperienza e da quel che ho letto ci sono meno filmati di Edson Arantes do Nascimiento, detto Pelé di quanti ce ne siano di Maradona, Ronaldo per non parlare di CR7 e Messi e gli altri dell’Olimpo. La moltiplicazione di filmati, la crescita della tv e poi, nel perdurare della stessa, la parallela espansione di internet, YouTube in testa. Di Pelé ricordo nitidamente il gol dell’1-0, prima delle quattro reti (a una) con cui il Brasile vinse la finale mondiale del 1970 contro l’Italia. Il nostro Burgnich (non un tenero marcatore) sorvolato da un agilissimo e scattante 10 verde oro che colpisce di testa, un colpo violento e netto che sembrava fatto con un collo piede con rincorsa.
Il dribbling della vacca, il gol sbagliato più bello di sempre
La giocata di Pelé, a risultato acquisito (3-1) della semifinale di Guadalajara Brasile-Uruguay l’avevo vista, avevo visto il lancio preciso di Tostão (superbo centrocampista) e lo scatto di Pelé che avrebbe superato il portiere Mazurkievicz senza toccare il pallone, semplicemente aggirandolo. Il pallone passa a destra del portiere e l’attaccante va dall’altra parte. In sud America si chiama drible de vaca, “dribbling della vacca” (praticato sui campi da gioco improvvisati nei pascoli o nelle fattorie per evitare le bestie (vacche in generale) che li invadevano a gioco in corso. Poi, ancora con semplicità esemplare, Pelé aveva proseguito qualche metro, si era fermato e in girata aveva tirato al volo di destro in porta ma fuori di un niente accanto al palo. Qui un racconto da Valigia Blu sul gol e sull’Importanza di Pelé
L’altra semifinale di Messico ’70, Italia-Germania 4-3
Nell’altra semifinale era andata in scena la celebre Italia-Germania 4-3. Al gol di Rivera noi italiani festeggiamo in strada, si sperava di vincere ma prima della finale quel gol sbagliato del 10 brasiliano disturbava i pensieri e infatti quando segnò la prima rete della partita la finale, almeno a me, sembrò già segnata.
Ricordo i filmati in bianco e nero degli anni ’60 e ‘70 che apprezzai a distanza di anni e che girano ancora adesso ovviamente, ho sentito e letto di alcuni gol leggendari anche perché scomparsi. Smarrite le pellicole o distrutte.
Mi è anche capitato di ricostruirne uno per il giornale in cui lavoravo e presi spunto da un racconto di Emanuela Audisio. Qui da Ultimo Uomo un’altro racconto di gol fatti o scomparsi.
Sempre per quel giornale ho disegnato un paginone di storia della sua vita per i suoi 80 anni, quindi due anni fa. Resta il gol in finale alla Svezia nel Mondiale 1958. Stop di petto in piena area di rigore, sombrero al difensore e, sempre al volo, destro nell’angolo basso. Un capolavoro. Lui infatti aveva certo un repertorio completo, fisico e tattico; destro, testa sinistro, finta di corpo, elevazione, agilità e doti atletiche, dribbling e furbizia che pare all’epoca fosse considerata una caratteristica solo dei neri, considerati però indisciplinati tatticamente. Fu Pelé nel 1958 a riportare le cose al posto giusto. Rivoluzionario forse inconsapevole.
Una spallata al razzismo
Arrivò sulle copertine delle riviste e dei giornali dell’epoca come Life e Marca col suo sorriso sincero e divertito. Era il primo nero al quale si attribuivano carisma e autorevolezza su scala mondiale.
(Dal il Post una intervista col suo agente di Eduardo Galeano)
Un nero in copertina all’epoca e magari anche ora era considerata cosa disdicevole da una certa parte delle società e degli esseri umani. Inspiegabilmente o invece spiegabilissimo. La lunga rincorsa ai diritti civili partì negli anni del dopoguerra anche dalla popolarità di un calciatore e del razzismo si parla ancora ovunque e proprio negli stadi e nello sport tutto. Vedi anche i “buu”, i versi ignominiosi rivolti ai calciatori di colore, fino a ieri, alla ripresa del campionato, nella prima giornata dell’anno 2023.
Si è scritto molto in questi giorni della sua scomparsa e di lui non si smetterà di scrivere e raccontare forse mai. Non smetteranno i paragoni con Maradona e la domanda su chi sia stato più forte tra i due evocando tutti gli Dei del calcio a seguire. Non sono paragoni che mi convincono perché si parla spesso di contesti temporali diversi. Trovo anche irreale fare associazioni libere tra il funerale di Pelé e quello del Papa emerito Benedetto XVI , come ho visto in articoli di semplicistica sociologia, col pretesto della devozione dei fedeli e delle masse registrate ai funerali e tutti gli avvitamenti conseguenti di comparazione, col pretesto del calcio come la fede (religione) o la chiesa dei nostri tempi. Detto ciò liberissimo ognuno di fare quel che vuole, tuttavia credo che il pressante rilievo mediatico di questi giorni costringe molti a sentirsi parte della azzardate teorie e di conseguenza il grande gregge segue le indicazioni.
Chiudo con questa definizione di Pelè di Tarcisio Burgnich dopo la finale del Mondiale in Messico 1970
«Prima della partita mi ripetevo che era di carne ed ossa come chiunque, ma sbagliavo».
Buon 2023
Gianluca Vialli
Mentre chiudo questo articolo apprendo della morte di Gianluca Vialli. È venerdì, 6 gennaio, mattina e non ho parole. Qui il pezzo de il Post che saccheggio. Dolore .
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