Dal disegno fino al set: Steno

Sentiero Digitale –redazione

Sapeva disegnare e sapeva cercare (e  trovare) con leggerezza il lato comico e contradditorio della realtà o della verità inoppugnabile. Stefano Vanzina in arte (contratto) Steno arriva fino a noi dal 19 gennaio 1917, data della sua nascita ad Arona sul lago Maggiore. Una mostra alla Galleria d’arte Moderna e Contemporanea ne celebra quello che sarebbe stato il suo centenario. Per un disegnatore umoristico un approdo e una sede ineguagliabili e meritate per quel che poi Steno è stato: scrittore, giornalista, sceneggiatore, regista e infine acuto osservatore della realtà.

Serie B?

Non siamo esperti di cinema tuttavia l’esordio di Steno con disegni e battute sul giornale satirico Marc’Aurelio è singolare e non possiamo non ammirare la sua ecletticità. Regista e sceneggiatore considerato di serie B ai suoi tempi da una critica che non lo aveva compreso così come non aveva saputo apprezzare il talento di Totò, uno dei suoi principali interpreti. Ammesso che Totò fosse solo un interprete e non quel concentrato di genialità che ora tutti gli riconoscono.

Sincronicità

Si sono celebrati il 15 aprile scorso i 50 anni dalla scomparsa di Antonio de Curtis ,appena quattro giorni prima dell’inizio della mostra su Steno, anche lui riconosciuto ormai come uno dei grandi del nostro cinema. A volte è l’amaro destino dell’intelligenza che subisce il conformismo dei giudizi, che classifica gli artisti (e le donne e gli uomini) giudicandoli secondo generi di comportamento. Da sempre Il serio è sembrato più credibile e autorevole del comico. Bisogna vedere poi cosa è serio e cosa è comico alla fine dei conti.

Quindi Ste(fa)no da disegnatore e umorista sul giornale satirico Marc’Aurelio aveva imparato fino dalla metà degli anni ’40 a articolare una situazione osservandola nella sua vera essenza, a inquadrare la scena. Risorse che poi gli tornarono utili quando diventò davvero sceneggiatore e regista per il cinema e anche nella pubblicità in tv degli anni di Carosello. Aveva le scene già in testa e le battute. Lavorava rapido senza concedere nulla alla popolarità, un impiegato della creatività, come testimoniano i figli Enrico e Carlo, i fratelli Vanzina. Eredi di un patrimonio che si è accostato al Paese e lo ha amabilmente preso in giro con i suoi difetti nell’intento di mostrare una via diversa e da un punto di vista originale rispetto alla logica corrente costruita sul consolidamento di quelli che appaiono come i consueti, inalterabili, principi di convivenza del momento storico. Succede anche nel 2017.

Diario futile

Una delle opere più interessanti anche dal punto di vista grafico di Steno è il Diario futile con l’appoggio costante dell’amico Marcello Marchesi. Uno zibaldone redatto dal 1942 al 1943, gli anni più duri della guerra, realizzato come un collage da ritagli di giornali, disegni, appunti sparsi, battute scrite a mano.

L’esperienza delle giornate del Marc’Aurelio è utile. Steno sapeva bene cosa fosse un menabò e impagina alla maniera pop, precursore di Andy Warhol. Il Diario è una grande parodia che affastella sulle pagine, con parole e immagini, le tragedie della guerra e i desideri appunto futili, nonostante tutto, degli esseri umani. Come afferma Claudio Strinati nel libro/catalogo della mostra “il Diario è prima di tutto una critica del pregiudizio, una confutazione radicale dei luoghi comuni, confutazione che si sviluppa nelle peggiori condizioni possibili perché sotto il costante assillo di una guerra che sembra non avere mai fine”.

Come Steno anche Ettore Scola (da ricordare la mostra al museo Bilotti)  e Federico Fellini iniziarono con vignette, disegni e battute sul giornale satirico Marc’Aurelio e non si tratta di coincidenza. È da quel tipo di attività che i Maestri iniziarono a costruire i loro film e i loro progetti. Il disegno (e la capacità di realizzarlo) aiutava a cercare volti, situazioni e ambienti prima ancora di scegliere attori e luoghi che come in un sogno (non sappiamo se a occhi aperti o chiusi) si erano immaginati.

In quegli anni il filone cinematografico neorealista era seguitissimo dal pubblico. Realtà crude, specchio dell’Italia del dopoguerra e della faticosa risalita economica che scopriva il nervo delle contraddizioni di un Paese che da rurale si trasformava in industriale con la nascita di una classe operaia che fronteggiava una borghesia piccola e media arroccata nelle sue abitudini e le classi sociali erano ormai scalabili forse come non era mai stato prima. Al filone neorealista fa da contraltare il cinema di Steno, Marcello Marchesi, Mario Monicelli (per citare solo qualche nome) una nuova declinazione della commedia all’italiana creando capolavori snobbati dalla critica ma amatissimi dal pubblico.

Nota: la mostra su Stefano Vanzina è impostata proprio sulla base del Diario futile.

Da “Guardie e ladri” a “Jeeg Robot”

Lasciamo ad altri più preparati e a qualche link il compito di illustrare la filmografia e le opere complete di Steno e soprattutto gli attori (tutti i più noti del periodo) che hanno interpretato i suoi film. Tuttavia nel titolo della mostra “Steno, l’arte di far ridere” c’è un sottotitolo che dice “C’era una volta l’Italia di Steno e c’è ancora”. Ci siamo chiesti allora cosa è rimasto.

Per qualche associazione della sorte, dopo la mostra sul regista abbiamo rivisto in tv “Lo chiamavano Jeeg Root”, uno dei film cult del 2015 che ha vinto tutto o quasi al David di Donatello 2016.

Ci è sembrato (forse solo a noi) che nel film di Gabriele Mainetti che racconta l’incrudelire della vita urbana dei nostri tempi ci possa essere tuttavia la leggerezza di Steno. Il bisogno di soldi per sopravvivere, la criminalità organizzata, il disagio psichico, il desiderio di apparire dello Zingaro, la violenza, il razzismo e l’abuso sulle donne, il riscatto finale col protagonista che dall’alto del Colosseo decide di proteggere Roma (ce ne sarebbe proprio bisogno) con i suoi superpoteri ottenuti dopo un bagno nel Tevere inquinato da bidoni radioattivi. Leggerezza? Nel film anche le scene più efferate scivolano via, restano i sentimenti, buoni e cattivi, a orientare il pensiero dello spettatore. Una favola attuale che vira nel fantastico (parola abusata spesso) che può far pensare ai film di Steno: “Guardie e Ladri” ma anche “Febbre da cavallo” oppure “Un americano a Roma”. Certo è tutto più attuale. Smartphone spesso in scena, dvd porno, il Derby di calcio, i cartoni animati, gli stessi superpoteri. La violenza è quella dei nostri tempi, delle periferie urbane, del mercato della droga. Resta la critica sociale e il racconto geniale “alla Steno” al quale chissà se il film sarebbe piaciuto.

Un altro film (del 2003) che ci ricorda come Steno sia arrivato fino a noi (sempre secondo il nostro parere) è “Caterina va in città” di Paolo Virzì. Anche qui il sottile approfondimento dei personaggi ricorda il precursore, soprattutto il ritratto del padre, insegnante frustrato e aspirante scrittore che alla fine scappa via in moto.

In ultimo per associazioni libere arriviamo al film “Il capitale umano” diretto sempre da Virzì nel 2013.  L’intreccio è noir e il ritratto dei personaggi è raffinato e racconta lo stesso episodio da tre punti di vista. Anche qui il bisogno di soldi di un modesto agente immobiliare in difficoltà spinge all’intrallazzo nel desiderio del grande salto in una società benestante apparentemente opulenta e che invece è sull’orlo di un fallimento soprattutto morale. Tutto sullo sfondo di una tragedia iniziale c di intrecci d’amore tra ragazzi con un amaro lieto fine.

Mentre scriviamo altre pellicole affollano il nostro pensiero (su tutte “Notte prima degli esami”) ma è meglio fermarsi e del resto tutte le associazioni fatte sono assolutamente personali. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano i fratelli Vanzina che hanno conosciuto meglio di tutti l’autore Steno e che essi stessi ne hanno proseguito il lavoro. Qual è, quali sono le pellicole che meglio hanno portato l’eredità del padre Stefano fino a noi? Potrebbe essere l’occasione di un dibattito all’interno del periodo della mostra che ricordiamo chiude il 4 giugno.

Luoghi, persone e libri

La mostra: “Steno, l’arte di far ridere. C’era una volta l’Italia di Steno e c’è ancora “

È presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea diretta da Cristiana Collu.

Prodotta dalla Show Eventi di Leopoldo Chizoniti con il sostegno di SIAE, City Fest e Istituto Luce Cinecittà.

Curatori del catalogo della mostra: Marco Dionisi e Nevio De Pascalis

Catalogo della mostra a cura di Pandion/Wildart Editori; è disponibile presso il bookshop della Galleria e presto in distribuzione anche sul web e nelle librerie.

Media partner: Ciak Magazine

Ufficio stampa: Equa di Camilla Morabito

Daniela Berti 335 6651899 – bertidaniela0@gmail.com

Fabrizio Broccoletti 347 9329003 – f.broccoletti@equa.it

Comunicato stampa Mostra Steno l’arte di far ridere

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